Aveva le mani d’oro: esprimere la nostra sapienza manifatturiera nella stampa di un volume di pregio

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Aveva le mani d’oro: esprimere la nostra sapienza manifatturiera nella stampa di un volume di pregio

Aveva le mani d’oro è un progetto di arte e design nato dall’incontro tra l’artista Pino Deodato e la storia di Giuseppe Leo detto Peppino, imprenditore che ha dedicato la sua intera e lunga vita al lanificio di famiglia.

Colpito dalla figura di questo uomo e dal suo amore verso il mestiere a cui ha dedicato la propria vita, Pino Deodato ha dipinto un’opera che raffigura Giuseppe Leo nella gestualità rituale del filare e del tessere che ha ricordato perfettamente fino agli ultimi giorni della sua vita quasi centenaria. 

L’opera è stata poi riprodotta dal figlio di Peppino, Emilio Salvatore Leo – attuale proprietario e direttore creativo del Lanificio Leo – su un copricuscino per l’area living della casa usando una tecnica di maglieria jacquard. La Galleria Melesi di Lecco ne ha creato un’esposizione e lo studioso Prashanth Cattaneo ha curato una pubblicazione, edita da Rubbettino editore e stampata da noi in Rubbettino print, che rende omaggio all’interazione tra arte e design arricchendola di riflessioni demoantropologiche, interviste e storia.

Noi di Rubbettino print abbiamo avuto molto piacere nel realizzare il volume che porta lo stesso nome dell’iniziativa, un progetto unico che meritava un supporto editoriale che ne rispecchiasse la delicatezza, l’eleganza e la preziosità. Non solo stampa del libro: abbiamo avuto la possibilità di esprimere la nostra esperienza anche nella parte progettuale, mettendo in campo le nostre competenze di consulenza sui temi della comunicazione e del design. Abbiamo infatti curato il coordinamento editoriale e proposto le caratteristiche di realizzazione fisica dell’oggetto, ovvero il formato, il tipo di allestimento più adatto, la carta per copertina e interno, le scelte insomma che secondo noi avrebbero rappresentato in pieno l’opera e rispecchiato al meglio il senso dell’iniziativa.

Il risultato è un libro 10,5×14,8, un formato che già da solo basterebbe per dare un senso di esclusività al manufatto, che si tiene in una mano come un piccolo oggetto prezioso.

La copertina è realizzata a mano con un allestimento bodoniano, un metodo di rilegatura antico e di pregio che permette al volume di distinguersi e trasmettere ricercatezza, con un tocco finale che aggiunge eleganza dato dalla carta crespa che riveste il dorso. La copertina è inoltre rivestita con una carta Fedrigoni Sirio Perla Aurum 300gr che conferisce al tutto un effetto dorato e luminoso, proprio dell’oggetto prezioso. L’interno in carta smooth rende infine piacevole al tatto lo scorrere delle pagine.

La stampa digitale a 4+4 colori ha permesso in maniera agevole e veloce di stampare un piccolo quantitativo di copie con un’ottima resa grafica, ideale anche per le carte di pregio scelte.

Nella sua prima visita al Lanificio Leo, Pino Deodato conosce la figura del padre di Emilio Salvatore Leo attraverso un breve video da lui mostratogli sul suo tablet. Pochi minuti densi di emozione che documentano l’amore di quell’uomo per il materiale che per anni ha filato e tessuto. In quelle sequenze si vede Peppino Leo quasi centenario che, nonostante l’età, ricorda perfettamente le azioni del suo lavoro, una gestualità che è rito ed anche – come ha scritto poi su Facebook Emilio – è metafora di un passaggio di testimone, di un mestiere che può andare avanti solo attraverso le nuove generazioni. Cioè rinnovandosi, quindi facendo tesoro di una memoria che è condivisa, non tanto perché è stata tramandata nelle competenze tecniche del lavoro, ma nel significato che precede le azioni e quindi orienta i processi. 

L’artista resta colpito da quelle mani al lavoro, da quel gesto senza il materiale, pensa alla storia di Giuseppe Leo, alle generazioni che hanno sviluppato l’opificio, al coraggio del figlio nel portare avanti questa impresa sempre con riconoscenza, amore, professionalità e tanta passione. 

Al tempo stesso Pino Deodato ricorda – grazie a quelle immagini – suo papà, artigiano anche lui, calzolaio. Rivive i momenti trascorsi insieme nel suo laboratorio quando da bambino faceva i compiti di scuola su uno dei suoi tavoli da lavoro tra utensili e materiali. Prova emozione e fa tesoro di questo incontro come è bene fare con le esperienze e i momenti belli della vita. 

Non c’è ancora nessun progetto nella testa di Emilio Salvatore Leo e nemmeno è tra le intenzioni di Pino Deodato fare qualcosa. C’è un incontro, c’è il desiderio da parte dell’artista di conoscere – anche come calabrese – questa realtà della quale la gallerista Sabina Melesi gli aveva parlato dopo aver conversato con il sottoscritto. 

da Aveva le mani d’oro di Prashanth Cattaneo, Rubbettino